Google cambia algoritmo ancora: annunciato nel mese di febbraio, la rivoluzione scatenata dal nuovo algoritmo di Google è stata denominata MobileGeddon (mobile-armageddon), in quanto favorisce i siti mobile friendly e penalizza quelli che non sono ottimizzati per smartphone, tablet e tutti i dispositivi mobili.
Sebbene Google abbia dichiarato che il nuovo algoritmo sarà applicato solo alle ricerche effettuate con i dispositivi mobili, resta da vedere se nei prossimi mesi ci saranno dei cambiamenti anche nelle versioni desktop.
Negli anni, l’algoritmo con cui Google indicizza i siti web ha subito diversi adattamenti: Panda, Penguin e Pigeon sono solo alcune di queste revisioni. Eppure, ogni edizione ha fatto tremare il mondo degli sviluppatori e dei SEO specialist, perché ha modificato più o meno sensibilmente il modo con cui il motore di ricerca genera la SERP (le pagine con i risultati di ricerca).
Stavolta la rivoluzione è più profonda e porta il web ad essere sempre più vicino ai dettami di Google: un web a misura di smartphone appunto mobile friendly.
Un po’ di cifre per capire il MobileGeddon
È evidente quanto l’uso di internet su device sia in aumento. Basta salire sulla metropolitana di Milano all’ora di punta per vedere migliaia di persone letteralmente incollate al proprio telefonino.
Come evidenzia Business Insider, il 60% del traffico web negli USA è generato da smatphone e tablet; secondo l’Osservatorio del Politecnico di Torino, in Italia gli acquisti tramite e-commerce nel 2015 saranno per il 25% effettuati tramite mobile.
Quindi, è naturale che il web abbia bisogno di un “incentivo” ad adeguarsi alle nuove tecnologie e alle dimensioni ridotte dei dispositivi; solo che per molti, questa novità sembra una vera e propria inferenza, in quanto forza la Rete ad adeguarsi al modello di Big G.
Chi risentirà dei cambiamenti?
Gli effetti si faranno sentire fin da subito per quei siti web che non hanno avuto modo di aggiornarsi e non sono ottimizzati per i dispositivi mobili. Queste aziende, pur basando il proprio business proprio sul web, vedranno scendere drasticamente il rank nella SERP di Google.
Questo significa che tra i “non adeguati” potrebbe finirci qualche sito importante. Per esempio, tra i bocciati ci sono quello dell’Unione Europea e quello del Governo Italiano.
In sostanza, sono penalizzati quei siti che fanno uso di software esterni per visualizzare i contenuti (vedi Flash e Silverlight), che richiedono di zoomare per poter leggere il testo o che non adattano il layout alla dimensione dello schermo (distinguendo adeguatamente la pubblicità dai contenuti).
Cosa fare per non venire penalizzati?
Ecco tre semplici punti da seguire per evitare la penalizzazione:
- Se hai creato il tuo sito o blog con i consueti CMS come Joomla o WordPress, accertati di aver utilizzato un template responsive, ovvero che si adatti in base alla dimensione dello schermo. Se non lo fosse, valuta di sostituirlo o di aggiornarlo con uno più adeguato.
- Dimentica Flash (finalmente). Se hai una splash page, delle animazioni o dei contenuti realizzati in Flash o Silverlight, controlla che sia disponibile una versione sostitutiva in HTML. Questi formati, infatti, non sono supportati da quasi nessun dispositivo mobile in commercio.
- Segui le linee guida e il supporto per sviluppatori indicati di seguito.
Niente paura!
Google ha messo a disposizione le linee guida con cui definisce un sito mobile friendly e a un’intera sezione dedicata allo sviluppo di mobile-sites.
Ma prima di tutto, ti suggeriamo di usare questo test di compatibilità per verificare se il tuo sito è idoneo per la visualizzazione su dispositivo mobile.
Allora, il tuo sito è mobile friendly?
L’algoritmo mobile e l’impatto sul ranking
Addirittura l’81% dei siti web potrebbe essere colpito dal nuovo algoritmo di Google e se consideriamo che il 67% dei consumatori sono propensi ad acquistare su un sito web mobile il discorso è presto fatto: cosa aspetti ad aggiornare il tuo sito web con la tecnologia responsive?
Vediamo tutti i dettagli nell’infografica realizzata da WebbyMonks:
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